Il ddl Autonomia

L’Autonomia firmata Calderoli è una trappola, ed è incostituzionale.
Rinasce la Cassa del Mezzogiorno.

COMMENTO del Segretario Federale ROBERTO CASTELLI sul ddL Atto Senato n 615

Quando nel 2001 venne votata la riforma costituzionale voluta dalla sinistra, noi della Lega ci opponemmo duramente ed io stesso tenni l’intervento finale di dichiarazione di voto in cui ci proclamavamo assolutamente insoddisfatti del testo, perché lo ritenevamo troppo minimale.

Ritenevamo infatti l’autonomia differenziata una configurazione dello Stato inadeguata, un pannicello caldo rispetto alle necessità del Paese che, a nostro parere, aveva bisogno di una forma ben più compiuta di autogoverno.

AL LAVORO TRA IL 2001 E IL 2006

In effetti, quando andammo al Governo tra il 2001 e il 2006 ci mettemmo al lavoro al fine di licenziare una riforma costituzionale che andasse ben al di là di quanto previsto dalla riforma voluta dalla Sinistra nel 2001.

LA DEVOLUTION

La riforma costituzionale nota come Devolution, venne approvata dal Parlamento il 16 novembre 2005 (Testo di legge costituzionale 2544-D) ma bocciata in occasione del referendum confermativo – senza quorum – del 25 giugno 2006. Al referendum fu inevitabile ricorrere perché in Parlamento non vi fu la maggioranza dei 2/3 prevista dall’art 138 della Costituzione, comma 3. I NO prevalsero in tutte le Regioni tranne che il Lombardia e Veneto.

TRADITI DAGLI ALLEATI

Oggi, a tanti anni di distanza, è evidente che ciò accadde perché i nostri alleati non fecero alcunché per difendere quella riforma, che pure avevano votato; ciò a testimonianza che le forze centraliste e conservatrici erano e sono preponderanti nel Paese.

FEDERALISMO FISCALE NEL 2009

La Lega tentò allora nel 2009, nella XVI Legislatura, un’altra strada, quella della Legge ordinaria per introdurre il Federalismo fiscale, assai più difficile da abrogare in quanto il Referendum abrogativo richiede il raggiungimento del quorum pari al 50% + 1 degli aventi diritto. Giungemmo alla formulazione del cosiddetto Federalismo Fiscale, Legge delega approvata dalle Camere nel 2009.

LO ZAMPINO DI NAPOLITANO

Essa è, uso il presente perché la legge è ancora in vigore non essendo mai stata abrogata, una rivoluzione epocale rispetto al feroce centralismo che tormenta il nostro Paese da sempre; ed io sono convinto che l’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano mise in atto un vero e proprio colpo di mano per cacciare Berlusconi dal Governo, soprattutto per la necessità di bloccare il Federalismo fiscale.

Pertanto, viste vanificate tutte le norme che La Lega aveva fatto approvare dal Parlamento, negli anni a seguire ci siamo ritrovati a riconsiderare il testo costituzionale del 2001 come l’unico strumento rimasto a disposizione di chi crede che il centralismo romano sia una sciagura per il Paese.

IL REFERENDUM DEL 2017

Fu in questa ottica che Maroni e Zaia lanciarono nel 2017 un referendum consultivo In Lombardia e Veneto per testare la volontà degli elettori su questo tema. Essi ebbero un successo straordinario e ben 5.300.000 elettori votarono a favore, dichiarando così in maniera inequivocabile che queste Regioni volevano l’autonomia.

Chi scrive faceva parte del Comitato Promotore Lombardo e devo dire che il successo del referendum suscitò in me, come negli altri milioni di Lombardi che andarono a votare, grandi speranze secondo le quali qualcosa sarebbe potuto cambiare.

LA VIRATA DELLA LEGA IN PARTITO PERSONALE

Bene, purtroppo in quegli stessi anni prese forma la virata centralista della Lega Nord che Salvini trasformò addirittura in un altro partito personale. La Lega Nord venne emessa in ibernazione e nacque un nuovo partito con una denominazione che tradiva in maniera evidente il delirio di grandezza del segretario: Lega Salvini Premier per l’appunto, quindi un partito personale che, sia nei simboli, sia nell’azione politica nulla aveva più a che fare con gli ideali portati avanti dalla Lega Nord.

Purtroppo per lui e per i suoi epigoni, il suo disegno di diventare premier con pieni poteri, come ebbe a dire, è ormai miseramente fallito e nelle prossime elezioni europee sarà già un successo per loro se la Lega Salvini premier riuscirà a confermare le percentuali che la Lega Nord nel corso delle sue epocali battaglie per la libertà del Nord, ebbe a registrare nei suoi momenti di minor favore da parte degli elettori.

VALEVA LA PENA BUTTARE A MARE LA PADANIA?

Allora sorge spontanea una domanda: valeva la pena buttare a mare tutti gli ideali dei Padani, trasformarsi in un partito centro-meridionalista tradendo i sogni di milioni i cittadini che hanno creduto in noi per il ponte di Messina?

VENDONO LA RIFORMA CALDEROLI COME RIVOLUZIONARIA

Ma torniamo al tema: attesa la spaventosa emorragia di voti che la Salvini premier ha dovuto registrare in questi ultimi anni, hanno pensato bene di recuperare il vessillo dell’autonomia per cercare di recuperare qualche consenso e, proprio in questi giorni, stanno tentando di vendere all’opinione pubblica la sensazione che il disegno di legge Calderoli sia talmente pregnante e rivoluzionario che secondo alcuni meridionalisti più convinti, che evidentemente non hanno mai letto il testo, addirittura spaccherà il paese.

LA COSTITUZIONE ERA PIU’ CHIARA E DIRETTA

Ma è proprio così?  Vediamo di fare un’analisi la più possibile oggettiva di quanto è accaduto: l’articolo 116 della Costituzione al terzo comma dice che, cito testualmente, ”ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia concernenti le materie di cui al terzo comma dell’articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alla lettera l limitatamente all’ organizzazione della giustizia di pace n) e s) possono essere attribuite ad altre regioni con legge dello Stato, su iniziativa della regione interessata, sentiti gli enti locali nel rispetto dei principi di cui all’ articolo 119. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base dell’intesa fra lo stato e la Regione interessata”.

L’articolo è chiaro: le Regioni che lo vogliono interloquiscono con i rappresentanti dello Stato, in questo caso il Governo, e concordano una legge che poi viene mandata alle Camere, dopo aver assunto come testo l’intesa tra stato e Regione interessata.

Attenzione bene, non fra Stato e Conferenza delle Regioni ma fra Stato e Regione interessata. Quindi, ribadisco, l’intesa avviene fra Stato e singola Regione e poi le Camere, a maggioranza assoluta ,la approvano o meno. È tutto molto semplice e rapido.

LA GABOLA DEL LEP, GLI AFFOSSATORI DELL’AUTONOMIA

Bene, vediamo adesso cosa si è inventato Calderoli. A questo punto dobbiamo tornare alla Costituzione e, in particolare, all’articolo 117 secondo comma lettera m . Cito testualmente:” Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: (omissis) determinazione dei livelli essenziali e prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”.

VINCOLO PER L’AUTONOMIA. COME NON CI FOSSERO STATI MAI AIUTI AL SUD

Trattasi degli ormai famosi LEP, un principio sacrosanto e condivisibile, ma  non è previsto da nessuna parte che esso debba essere portato  a regime  prima che vengano adottate le forme di autonomia differenziata previste dall’articolo 116. Ora qui occorre aprire una parentesi: malgrado il fiume di denaro e le risorse che sono state inviate al Mezzogiorno in tutti questi anni di Repubblica italiana, è noto a tutti ed è un dato oggettivo che le istituzioni del Sud continuano ad essere arretrate rispetto al Nord e non riescono a fornire ai propri cittadini servizi adeguati in molti settori della realtà socio economica.

SANITA’, LA FOSSA DELLE MARIANNE

Tutto ciò, ribadisco, usufruendo e avendo usufruito di risorse simili se non superiori rispetto a quelle del Nord. Citiamo, ad esempio la Sanità: il riparto del Fondo Sanitario Nazionale tra Regioni del 2020 ha previsto una quota  pari a € 1.866 pro capite per il Lazio, € 1.863 per la Lombardia, € 1.857 per la Sicilia e € 1.878 per la Calabria  (fonte: Osservatorio Conti Pubblici Italiani dell’Università Cattolica).

Pertanto, un marziano, ignaro della realtà italiana, che leggesse queste cifre, ne dedurrebbe che i cittadini campani o calabresi godono dei medesimi livelli di assistenza sanitaria rispetto a quelli Lombardi, mentre invece la realtà ci dice che ogni anno quasi 200.000 cittadini del Sud vengono al Nord per farsi curare.

IL GAP CONTINUA

Ora esula da questo scritto sviscerare i motivi per cui, pur usufruendo delle medesime risorse, il Sud non è riuscito e ancora non riesce a garantire un livello di servizi pari a quello delle regioni del Nord.

Evidentemente sono state sprecate le risorse e ciò ha fatto sì che se andiamo ad esaminare i Livelli Essenziali di Prestazioni (LEP), essi evidentemente non sono pari in tutto il territorio nazionale.

LE PROCEDURE DEI LEP SONO INCOSTITUZIONALI

In questo quadro, si inserisce il ddl Calderoli che all’ articolo tre della legge di iniziativa governativa dichiara che, ai fini dell’attuazione dell’articolo 116 ,devono essere garantiti i LEP su tutto il territorio nazionale. E all’articolo quattro mette la trappola, e si afferma che il trasferimento delle funzioni con le relative risorse concernenti materie riferibili ai LEP potrà essere effettuato solo dopo che essi saranno individuati e finanziati.

Una procedura non prevista dalla Costituzione e, anzi, in contrasto con essa.

NASCE LA NUOVA CASSA DEL MEZZOGIORNO

Qualcuno potrà dire: bene così si andranno a colmare le divisioni tra Nord e Sud. Peccato che qualcuno abbia già fatto i conti e abbia calcolato che questa operazione costerebbe allo Stato tra gli 80 e i 100 miliardi, cioè una nuova casa del Mezzogiorno pagata ovviamente dal Nord, senza nessuna garanzia che questo enorme impiego di denaro porti il risultato auspicato.

Tutto ciò dovrebbe avvenire, si badi bene, prima che qualsiasi competenza dello Stato venga trasferita alle Regioni che la richiedono.

NON BASTAVA GIA’ IL RESIDUO FISCALE

Pertanto, accadrebbe che questa norma si concretizzerebbe in un nuovo salasso che andrebbe ad aumentare il già insopportabile residuo fiscale oggi a carico delle Regioni del Nord (cioè l’enorme divario tra le tasse versate a Roma dal Nord e il valore dei servizi che lo Stato assicura ai territori del Nord).

NON C’E’ LIMITE AL PEGGIO

Basterebbe questa norma che, ribadisco, non è prevista in Costituzione, per auspicare che questa legge non debba venire mai alla luce ma purtroppo, poiché non c’è mai limite al peggio, la legge è stata vieppiù stravolta dal Senato. Vale la pena esaminare il testo approvato, che in diversi punti testimonia l’impronta meridionalistica che questo Parlamento ha di nuovo assunto con la sparizione della Lega Nord di Bossi.

LEGGE NON SERVE PER AUTONOMIA MA PER PORTARE RISORSE AL SUD

A testimonianza di ciò il comma 1 dell’articolo 1 già si presenta sotto questo aspetto, l’esordio infatti è il seguente: “la presente legge nel rispetto dell’unità nazionale e al fine di rimuovere le discriminazioni e disparità di accesso ai servizi essenziali sul territorio, nel rispetto altresì dei principi di unità giuridica ed economica, di coesione economica sociale territoriale anche con riferimento all’insularità…” quindi già l‘incipit ci dice che questa legge non serve più a destinare l’autonomia differenziata alle Regioni che lo richiedono ma serve a rimuovere le discriminazioni bensì la facilità di accesso ai servizi essenziali sul territorio. In altre parole, serve a portare soldi al Sud.

NUOVI VINCOLI MACCHINOSI DENTRO VINCOLI ROMANI

Per brevità, prendiamo in esame soltanto i punti fondamentali e arriviamo all’articolo 2 comma 2 che ci conferma qual è l’impronta ferocemente centralista che questo Parlamento contiene in sé: si afferma testualmente “al fine di tutelare l’unità giuridica o economica, nonché di indirizzo rispetto a politiche pubbliche prioritarie, il Presidente del Consiglio dei Ministri, anche su proposta del Ministro per gli affari regionali le autonomie o dei Ministri competenti per materia, può limitare l’oggetto del negoziato ad alcune materie o ambiti di materie individuate la regione l’altro iniziativa”

Ebbene sì, avete capito bene: vengono determinati i LEP perché questo è il passaggio fondamentale prima di iniziare alcunché; vengono finanziati e quindi vengono spese nuove risorse al Sud. Dopodiché, un Governatore di una Regione va a chiedere, ad esempio, la scuola come materia in cui maggiormente la sua Regione possa avere competenze, si vedrà rispondere dal Presidente del Consiglio o addirittura dal Ministro dell’Istruzione che non se ne parla.

IL GOVERNO SI SOSTITUISCE ALLA COSTITUZIONE

In forza di questa legge, il Governo può decidere, in totale spregio alla Costituzione, su quali materie si possa concedere maggior autonomia e su quali no. Questo principio viene ribadito al comma 5 in cui il Senato ha aggiunto il seguente periodo: il presidente del Consiglio dei ministri, ove ritenga di non conformarsi in tutto in parte agli atti di indirizzo di cui al comma quattro, riferisce alle Camere con apposita relazione nella quale fornisce adeguata motivazione”.

TUTTO IN MANO ALL’ULTIMA PAROLA DEL PREMIER

Tradotto: immaginiamo che, dopo lunga trattativa, vengano formulati prima uno Schema di Intesa Governo-Regione e poi i successivi Atti di indirizzo delle Camere; immaginiamo che quindi venga portata a termine tutta la trafila che non illustriamo perché lunghissima e, in un diabolico gioco dell’oca, Il Presidente del Consiglio può fare carta straccia degli atti così faticosamente raggiunti.

A RAMENGO LE INTESE

Pertanto verrebbe portato avanti tutto un iter legislativo, con enorme fatica, per arrivare ad un accordo tra Stato e Regione e poi, a un certo momento il Presidente del Consiglio potrebbe dire: “Sai che c’è? A me non va bene questo aspetto e mando tutto a quel paese”.

CHI HA SALE IN ZUCCA COME PUO’ APPLAUDIRE

Io mi domando, ma non dico i leghisti che sono andati a Roma gridando “viva il Nord”, ma chiunque abbia un po’ di sale in zucca come possa approvare un testo del genere.

Io sono veramente esterrefatto.

ALTRI 10 ANNI PER ATTUARE, FORSE, LA LEGGE

Ma non è finita: già il testo Calderoli poneva un limite temporale che appariva assolutamente discutibile.  Infatti all’articolo 10 si prevedeva che la durata massima dell’intesa di trasferimento delle risorse e delle funzioni a determinate Regioni in determinate materie fosse di 10 anni.

LA BUROCRAZIA DIVENTA UN MOSTRO A PIU’ TESTE

Ora, il lettore può capire che già questo termine è molto pericoloso e foriero di gravi disfunzioni per il buon funzionamento dei servizi pubblici. Pensiamo sempre al tema della scuola. Immaginiamo che dopo tutto il farraginoso e costoso (per il Nord) iter della legge si arrivi veramente al trasferimento di funzioni fondamentali della scuola per una determinata Regione.

SCUOLA NEL CAOS PIU’ TOTALE

Pensate le complicazioni, pensate il trasferimento degli insegnanti, pensate i nuovi regolamenti che assolutamente devono essere posti in essere adeguati alla nuova realtà, pensate ad esempio alla costituzione di concorsi regionali; tutti iter molto complessi che realisticamente potrebbero comportare anche qualche anno prima di andare a regime.

NON C’E’ BUON SENSO

Bene, si fa tutta questa fatica e poi, passati pochi anni, si torna come prima e tutto torna a Roma.

Capite che qui non è questione di federalismo, centralismo o di destra o sinistra; qui viene a mancare il buon senso. Ma poiché non c’è limite al peggio, andiamo a vedere come l’ha modificata il Senato.

All’articolo 7 comma 1 viene aggiunto il seguente periodo “in ogni caso lo Stato qualora ricorrano  motivate ragioni a tutela della coesione e della solidarietà sociale, conseguenti alla mancata osservanza, direttamente imputabile alla Regione sulla base del monitoraggio di cui la presente legge, dell’obbligo di garantire i LEP, dispone una cessazione integrale o parziale dell’intesa che è deliberata con legge a maggioranza assoluta delle camere”.

PALLA AL CENTRO QUANDO VUOLE ROMA

Poiché chi è avvezzo a determinati ambienti sa perfettamente che lo Stato può trovare in qualsiasi momento “motivate ragioni”, Roma approva una bella legge che, in qualsiasi momento, in qualsiasi momento ribadisco, può far tornare tutto da capo e torna tutto al centro.

CARI AUTONOMISTI LEGHISTI…

Quindi, cari autonomisti leghisti, caro Ministro Calderoli avete approvato una legge che prefigura sostanzialmente il seguente iter: si parte con la richiesta  di autonomia differenziata da parte di una Regione, si stabiliscono e si finanziano i LEP, cioè si mandano al Sud un buon numero di miliardi che la storia della Repubblica ci dice che, molto probabilmente, verranno sprecati. Finalmente si parte e a qualche Regione attraverso un farraginoso e lungo iter verrà concessa più autonomia in determinate materie. Tutto bene quindi? Ce l’abbiamo fatta?

NO perché, come abbiamo illustrato, questa legge prevede ben due iter diversi per rimandare tutto a Roma.

VOLETE MALE A TUTTA ITALIA

Ora io mi domando: ma perché volete male, in questo caso non soltanto al Nord, ma a tutta l’Italia? Perché questo mostruoso meccanismo è foriero di sprechi giganteschi e di danni enormi al sistema Paese.

Last but non least, osserviamo che gli ultimi articoli, tutti di derivazione parlamentare, ci dicono veramente qual è il vero spirito con cui è stata formulata questa legge. Nei fatti ci fa fare un balzo all’indietro di sessant’anni alla formulazione della Cassa per il Mezzogiorno.

PROMETTONO IN POCHI ANNI DI RISOLVERE 150 ANNI DI PROBLEMI

Esagero? Andiamo a leggerci un pò di passaggi:

Articolo 10: “ al fine di garantire l’unità nazionale, nonché la promozione allo sviluppo economico, della coesione della solidarietà sociale, della insularità, della rimozione degli squilibri economici e sociali e del perseguimento di ulteriori finalità di cui all’articolo 119 ….”

E’ chiaro: questa legge vuole garantire unità nazionale, rimuovere tutti gli squilibri, in altre parole vuole, in pochi anni, arrivare a quell’obiettivo che non è mai stato raggiunto in più di centocinquant’anni di unità nazionale.

PRONTE GIA’ FONTI STRAORDINARIE DI FINANZIAMENTO STATALE

Ma se non avessimo capito bene, sempre all’articolo 10 al comma 1 lettera a essa ribadisce che:  “l’unificazione di diverse fonti aggiuntive straordinarie di finanziamento statale di conto capitale destinate alla promozione dello sviluppo economico …. (omissis) e all’eliminazione del deficit infrastrutturale tra le diverse aree del territorio nazionale ivi comprese quelle riguardanti trasporto pubblico locale e i collegamenti con le isole”.

PAGHIAMO NOI LE AUTOSTRADE DEL SUD?

Quindi noi del Nord le autostrade le paghiamo noi, costruendole in project financing e pagando poi il pedaggio, mentre al Sud dovremmo pagarle sempre noi, finanziando i LEP.

Se non si è capito bene, sempre al comma 1 questa volta la lettera c si dice che: “l’effettuazione di interventi speciali in conto capitale ivi compresi quelli finalizzati ad eliminare il deficit infrastrutturale tra le diverse aree del territorio nazionale per rimuovere gli svantaggi derivanti da insularità…”.

E se ancora qualcuno non avesse compreso, alla lettera d si afferma: “l’individuazione delle misure che concorrono rimuovere gli svantaggi derivanti dall‘insularità promuovendo il diritto alla mobilità, la continuità territoriale per tutte le isole, le forme di fiscalità e sviluppo, la perequazione infrastrutturale a tutela degli ecosistemi nell’ambito delle risorse compatibile con i saldi di finanza pubblica”.

FINANZIAMENTO A VALANGA PER…

Se questa disamina è stata troppo lunga e noiosa, me ne scuso con i lettori, ma mi pare che abbiamo dimostrato come questa legge sia in sostanza nemmeno uno specchietto per le allodole perché i suoi intendimenti sono riportati chiaramente: questa legge è l’istituzione di un ulteriore finanziamento a valanga per il Sud.

NON BASTAVA IL PNRR…

Pertanto non bastava la nuova Cassa del Mezzogiorno denominata PNRR che prevede una prevalenza delle risorse destinate al sud. Tutto ciò è significativo del futuro che ci attende se non sapremo reagire. Infine un amaro e ironico plauso a tutti quelli che hanno votato questa legge con l’Alberto da Giussano sul bavero della giacca.

Roberto Castelli

Segretario Federale – Partito Popolare del Nord